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Breve storia della Pieve di Codroipo

Le origini

La storia della pieve di Codroipo, una fra le più antiche del Friuli, inizia già nella prima fase di espansione extra-urbana del Cristianesimo aquileiese. Codroipo era collocato all’incrocio di due strade di notevole importanza, quindi era necessariamente punto strategico per l’espansione della nuova religione. Una prima chiesa battesimale sorse forse già nei primi decenni del v secolo.
Anche l’intitolazione della pieve di Codroipo a Santa Maria è un’altra conferma della sua antichità, poiché i titoli mariani si fanno risalire per la maggior parte a questo secolo.

 

L’alto medioevo

Codroipo durante le invasioni barbariche si trovò spesso al centro di queste scorrerie. Con la discesa dei Longobardi, nel 568, le cose cambiarono sul piano religioso e sociale. Cividale era capitale del ducato e Codroipo fu nuovamente al centro di una nuova viabilità che la collegava direttamente con Forum Iuli.
In seguito alla conversione dei Longobardi alla fede cattolica, si realizzò ad iniziare dai villaggi più distanti dalla pieve, una rete di chiese non battesimali legate alla matrice di Santa Maria.
Sotto il patriarca Paolino d’Aquileia (707-802), furono avviate alcune importanti riforme sul piano liturgico-pastorale e a quest’epoca risale la pieve di Flambro che comprendeva Virco e Bertiolo. Quando giunsero le incursioni degli Ungheri, nella prima metà del X secolo, la devastazione dovette essere piuttosto rilevante nel Friuli a nord e a sud della Stradalta e in particolarmente nella zona di Codroipo che restò pressoché disabitata. A questo problema dovettero far fronte i patriarchi aquileiesi chiamando a ripopolare queste terre alcune genti di lingua slava. Nel territorio di Codroipo, infatti, sono concentrati toponimi slavi più che in qualsiasi altra parte della pianura, e molti paesi rivelano questa origine, come Malazumpicca (oggi Zompicchia), Gradisca, Goricizza, Biauzzo, Gorizzo, Jutizzo, Lonca, Glaunicco, Straccis, Belgrado, Gradiscutta, Santa Marizza, Santa Marizzutta, Virco, Lestizza, Sclaunicco, ecc., come moltissimi altri nomi di parti loro delle.

 

Il basso medioevo

Nella seconda metà dell’ XI secolo avvennero ulteriori rivolgimenti nella pieve codroipese, anche con il radicale cambiamento politico del Friuli dal 1077.
Allora l’imperatore Enrico IV diede in feudo al patriarca Sigeardo e alla Chiesa aquileiese la contea del Friuli, con tutti i diritti che ciò comportava.
In quel tempo era abbadessa del Monastero femminile benedettino di Aquileia la sorella del patriarca Sigeardo, Friderunda, ed egli donò in feudo al suo Monastero le tre ville di Malazumpicca, Beano e Pantianicco. Per garantire l’effettiva autonomia di quel territorio, il patriarca scorporò questi tre villaggi dalla pieve di Codroipo e costituì la pieve di Zompicchia dandole le facoltà battesimali.
Pure attorno al Mille va collocata anche nella località di Pieve di Camino o Pieve di Rosa, la nascita da una cella che l’Abbazia di Sesto possedeva in quel luogo con una chiesetta, che sorse al posto di una distrutta forse dal fiume o dagli Ungheri. Questa è conosciuta come Ecclesia Nova. Essa fu costituita da allora in pieve autonoma, smembrata da quella di Codroipo e alle dirette dipendenze dell'abate di Sesto, il quale vi nominava anche il pievano. La giurisdizione di questa pieve comprendeva sette ville: Rosa, che allora stava in sinistra Tagliamento, Camino, Biauzzo, S. Vidotto, Bugnins, Straccis, Glaunicco, e la villa di Bando sull'altra sponda.
All’XI secolo, si può far risalire un’altra pieve, quella di Turrida e Rivis, che appartenne però alla diocesi di Concordia, benché in sponda sinistra.

Pievani e benefici
Fin dall’epoca carolingia le offerte alle chiese erano destinate ai poveri e al mantenimento dei chierici.
Nel XIII secolo la vastissima diocesi di Aquileia in sinistra Tagliamento fu ripartita in quattro Arcidiaconati e la pieve di Codroipo era inserita nell'Arcidiaconato inferiore. Era la pieve la più redditizia dell’intera diocesi di Aquileia, come appare nella lista della tassazione delle prelature, prebende e pievi, del 1247, e in quella del 1330. I patriarchi conferivano i benefici ecclesiastici più sostanziosi a personalità del loro seguito, sempre forestieri, perciò Codroipo si trovò per secoli senza un pievano residente, il quale si faceva normalmente sostituire da un vicario.
Codroipo fin dal medioevo, prima con i conti di Gorizia, cui apparteneva, poi a partire dal 1500, con i Cossio, i giurisdicenti che avevano acquistato la gastaldia di Codroipo dai Goriziani, si trovò al centro di una contesa per il giuspatronato, cioè il diritto di nomina del pievano, che ebbe fine nell’Ottocento, per cessare del tutto soltanto nel 1938, quando l’assemblea dei capi famiglia rinunciò definitivamente al giuspatronato laico.

Le ville soggette alla Pieve di Codroipo nel 1422, erano 26 (oltre a Codroipo):

1. Quadruvium,

8. Villa S. Laurentii,

15. Villa de Rovoreti de Varmo,

22. Villa S. Petri,

2. Villa de Jutiz,

9. Villa de Quaderno,

16. Villa S. Mariae Superioris, (b)

23. Villa de Ramuscello, (e)

3. Rivoltum,

10. Villa de Griglons,

17. Villa Varmi,

24. Villa Belgradi,

4. Villa de Loncha,

11. Villa S. Martini,

18. Villa Madrisij,

25. Villa de Guricizio (d)

5. Gurizia, (a)

12. Villa Muscleti,

19. Villa de Canussio,

26. Villa de Sella,

6. Villa de Pozo,

13. Villa de Romans,

20. Villa S. Mariae Inferioris (c)

27. Villa Gradischae de Belgrado

7. Villa de Gradischa,

14. Villa de Rovidischie,

21. Villa S. Pauli,

==. [Villa de Virmidello] (e)

 

(a) - anche se errata come scrittura, si tratta di Goricizza.
(b) - S. Marizza.
(c) - S. Marizzutta.
(d) - vedi nota sopra per “Gurizia”; in questo caso è Gorizzo.
(e) - in un elenco posteriore non compare Ramuscello bensì, correttamente, Vermidello.

 

L’età moderna

Già dopo il Concilio di Trento, anche in conseguenza delle riforme introdotte nella Chiesa, la pieve, già ridimensionata come tutte dal XIV secolo, nella percezione dei fedeli e dello stesso clero, cominciava a dissolversi. Le pievi furono di fatto superate dall’istituzione dei Vicariati Foranei. Il primo Vicariato Foraneo di Codroipo dopo il Sinodo del 1596 era costituito dalla pieve di S. Maria Codroipo e dalle parrocchie di Rivolto, S. Lorenzo di Sedegliano, Sedegliano, Gradisca di Sedegliano, Belgrado, Basagliapenta, dalla pieve di Variano, dalla cura di Gorizzo e dalla pieve di S. Odorico al Tagliamento con le rispettive chiese dipendenti, se ne avevano.
Nella bassa codroipese invece era sorto il Vicariato Foraneo di Muscletto che abbracciava in pratica tutto il bacino dello Stella, fino alla laguna di Marano. La sede di questo Vicariato si spostò poi a Muzzana. Ormai la partecipazione dei curati dei paesi alla vita dell’antica pieve si limitava alla presenza nella Matrice il Sabato Santo per la benedizione del cero pasquale e dell’acqua battesimale. Le chiese filiali intervenivano anche alla processione con il bacio delle croci alla vigilia dell’Ascensione.
Per assicurare alle ville di Goricizza e Iutizzo i servizi sacramentali era stato costituito il beneficio detto “di Santa Croce”, che serviva al mantenimento di un cappellano.
Quando furono istituiti i seminari, il chiericato di S. Croce di Codroipo fu unito nel 1597, per decreto patriarcale, alle rendite del seminario di Udine (o di Aquileia) appena istituito.
In tal modo il clero in poco più di un secolo prese a lievitare di numero e di qualità. La parrocchia di Codroipo, comprendente Goricizza e Iutizzo, nel 1590 aveva soltanto tre preti oltre al parroco. Circa cent’anni più tardi, Codroipo contava 21 sacerdoti oltre al pievano, a un diacono e a un chierico. Nel 1750 la parrocchia annoverava 19 preti, mentre tutta la forania per un totale di 8247 anime, contava ben 56 preti.
Ai primi decenni del Settecento si deve anche la decisione dei codroipesi di edificare una nuova chiesa perché quella quattrocentesca non rispondeva più alle esigenze di Codroipo. I lavori, iniziati con il nuovo coro, si protrassero in pratica per più di trent’anni e la nuova chiesa fu consacrata dal cardinale patriarca Daniele Delfino il 5 giugno 1752.
I Cossio riuscirono a farsi riconoscere il giuspatronato sulla pieve e sul chiericato di Codroipo con sentenza del 1770, ma il Comune ottenne di riaprire la vertenza e la spuntò nel 1782 e 1783, poco prima che Napoleone Bonaparte giungesse in Friuli e nel Codroipese, da vincitore degli Austriaci e da liquidatore della Repubblica di Venezia nel 1797.
Purtroppo il passaggio dell’esercito napoleonico non fu indolore ed ebbe conseguenze disastrose sulla vitalità delle chiese e delle confraternite, i cui beni mobili e immobili furono confiscati. Scomparvero in quel tempo anche le antiche istituzioni comunali per essere sostituite da municipalità non elette dai vicini dei comuni ma designate dall’autorità prefettizia.
Nel 1802 le anime della terra di Codroipo e della Villa di Jutizzo erano in tutto 1558. Di esse, gli adulti, cioè gli ammessi alla comunione, erano 1141, mentre i bambini e ragazzi fino a 12 anni erano 417. Così tra fame, ruberie e violenze di vario genere, Codroipo visse l’inizio della luminosa alba rivoluzionaria. Eppure quella rivoluzione portò in dono alla chiesa di Codroipo il Cristo Nero che era appartenuto ad una confraternita di Venezia, la “Scuola di Santa Maria della Consolazione” o “dei picai”.
La parrocchia di Codroipo visse con disagio anche i decenni centrali dell’Ottocento, soprattutto a causa della questione del giuspatronato.
Furono anni anche politicamente difficili, prima sotto il governo napoleonico, poi sotto gli Austriaci fino al 1866, infine con l’annessione del Veneto e del Friuli all’Italia sabauda si ebbero nuove requisizioni e nuovi espropri a danno del patrimonio delle chiese.
Fu così che il nuovo secolo trovò la comunità dei cattolici codroipesi forse più preparata al confronto, più combattiva e viva, proprio allo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Quel momento, particolarmente doloroso, Codroipo lo visse in modo sofferto prima come retrovia del fronte, poi nel 1917-1918 con l’invasione e l’occupazione austro-ungarica.
Anche le chiese, come gli uomini, ebbero a soffrire di questa guerra, non soltanto per i danni fisici ma per le requisizioni operate dagli austro-ungarici perfino delle campane dei campanili, ma i cristiani trovarono sempre in esse e nei loro preti la forza per restare saldi nella fede, per elaborare i tanti lutti e per aprire il cuore alla speranza.